Moritz Benedikt
2007-08-24 16:23:47 UTC
(there'll be SPOILERS - be careful)
Nel 1943 Henri-Georges Clouzot dirige il film 'Le Corbeau' (Il Corvo),
ispirandosi ad un fatto vero accaduto in una piccola città francese negli
anni '20. Ma siamo durante l'occupazione tedesca della Francia, il film è
prodotto dalla Continental, casa di produzione legata alla Germania e può
essere letto come una descrizione del degrado morale francese (la storia
secondo cui Goebbels apprezzò il film e lo distribuì in Germania proprio per
mostrare il carattere francese pare sia falsa: le autorità tedesche in
Francia lo ritirarono dopo tre settimane di programmazione) e perciò, dopo
la liberazione, Clouzot ed i protagonisti del film vennero accusati di
collaborazionismo e non poterono lavorare per alcuni anni, malgrado
l'intervento in loro favore degli intellettuali francesi, Sartre e Camus in
testa.
Il motivo della condanna concorde di destra e sinistra può essere stato un
altro: la trama del film si basa sull'effetto di una serie di lettere
anonime sulla vita di una città di provincia. All'epoca i regimi autoritari,
compreso ovviamente quello nazista, facevano largo uso delle denunce anonime
ma, apparentemente, ne' in Germania, ne' in Italia, ne' in Urss, ne' altrove
capitò nulla di simile all'esplosione di denunce della Francia di Vichy: nei
4 anni dell'Occupazione le autorità ricevettero 4 milioni di lettere. La
sconfitta aveva scatenato una resa dei conti di tutti contro tutti, con la
Gestapo impiegata per regolare i conti della Terza Repubblica. Le scrivanie
degli occupanti erano invase da un fiume di denunce. Il film di Clouzot si
riferiva ad una realtà ufficialmente negata ma nota a tutti. Il film non
contiene ovviamente riferimenti d'attualità diretti e si svolge in una
Francia 'normale', pre-1940, ma l'ingombrante presenza clericale (la scena
del funerale, la predica in chiesa) sembra un riferimento diretto al regime
di Vichy.
Il Corvo è uno di quei film che ci schiacciano e deprimono: come con i
romanzi di Simenon, non ci lasciano dubbi che l'umanità sia proprio così,
brutta e condannata. Se solo ci fosse una nota sbagliata, un effetto
malriuscito, un attore fuori parte: no, non ci sono. Siamo costretti ad
accettare che le cose stanno proprio così.
La storia: in una piccola città cominciano a circolare lettere anonime,
firmate da 'Il Corvo', che denunciano le malefatte di tutti. In particolare
però del dottor Germaine, il discretamente bacato 'eroe positivo' del film,
accusato di praticare aborti e di essere l'amante di Laura, la moglie del
suo collega, l'anziano professor Vorzet. Germaine ha anche una storia con
Denise, la moglie insoddisfatta del suo padrone di casa. I sospetti si
concentrano su Marie, infermiera e sorella di Laura, che a malapena sfugge
al linciaggio. Un giovane malato, cui Marie negava la morfina per passarla a
Vorzet, si uccide dopo aver ricevuto una lettera; anche una bambina tenta il
suicidio dopo che sua madre fugge. Alla fine il colpevole si rivelerà essere
Vorzet, che per tutto il film era stato la voce della ragione: riuscirà ad
accusare la moglie e a mandarla in manicomio prima di essere ucciso dalla
madre del giovane suicida che, unica, ha identificato in lui il Corvo
(benchè anche Germaine alla fine se ne fosse accorto). Germaine e Denise
sopravvivono, lei incinta di lui - quanto di più vicino a un lieto fine si
potesse sperare.
Cosa vediamo? Vediamo un mondo di uomini e donne di mezza età troppo
vestiti: c'è il sole, sembra essere estate, ma tutti sono vestiti da
autunno. Non ci sono giovani; la piccola borghesia sembra l'unica classe
sociale in circolazione, con solo qualche figura di autorità screditata non
appena apre bocca. Vi sono solo due primi piani in tutto il film: è il campo
lungo a predominare, ancor più che il piano americano, una sensazione cui in
realtà non siamo abituati. Il bianco e nero si risolve in una vasta gamma di
grigi. Gran parte del film si svolge all'aperto ma la sensazione è di
chiuso. Il Corvo è un tipico film chiuso, in cui nessuno può sfuggire al suo
destino una volta messo in moto il meccanismo: da questo punto di vista
potremmo classificarlo nel genere noir, se non fosse che non vi è alcuna
traccia di glamour nella storia come nei personaggi. La donna fatale,
Denise, è zoppa e di una bellezza troppo piena, troppo matura. Si sente la
mancanza di un colpo di pistola liberatorio: le uniche due morti avvengono
per mezzo dello stesso rasoio.
Germaine, l'eroe, non pratica aborti: anni prima un ginecologo famoso aveva
insistito a voler far nascere suo figlio ed aveva ucciso sia sua moglie che
il bambino: da allora Germaine, nei casi dubbi sceglie sempre la vita della
madre. In compenso sì, rende cornuti sia il professore che il padrone di
casa ed è un po' poco dire che il primo è vecchio ed il secondo poco
attraente. Vorzet gli dice giustamente che, se potesse, non rinuncerebbe
nemmeno alla piccola e già perversa Rolande che arriva ad un passo
dall'offrirglisi.
Un dialogo fondamentale, a un certo punto, sembra volerci dare il messaggio
del film. Vorzet e Germaine parlano fra loro di notte, nell'aula della
scuola dove Vorzet ha diretto un test calligrafico che ha portato i sospetti
di Germaine su Denise. Vorzet fa ondeggiare una lampada fra loro:
l'alternanza di buio e luce è la legge fondamentale, nessuno può dirsi buono
o cattivo in tutto. Germaine lo nega, il bene può essere distinto dal male e
cerca di fermare la lampada ma si brucia: Vorzet considera la cosa una
conferma della sua tesi. A quel punto del film Germaine si è dimostrtato un
personaggio moralmente ambiguo mentre Vorzet si è fino ad allora dimostrato
la voce del buon senso e del realismo.
Ma alla fine del film la morale è rappresentata dall'assassinio di Vorzet da
parte della madre del giovane morto: una vendetta tutt'altro che ambigua,
quella vendetta che Germaine, malgrado le sue parole, non era stato in grado
di compiere, soggiogato dalla personalità del vecchio e dal senso di colpa
per averlo cornificato. Da questo punto di vista la morale del film non è
rinunciataria e spiega anche lo scarso entusiasmo delle autorità francesi e
tedeschi (e mette in cattiva luce la successiva condanna di Clouzot).
Clouzot è stato spesso paragonato a Hitchcock, per questo come per altri
film ed il paragone ci sta. A Clouzot mancano quasi del tutto i tocchi
leggeri presenti in quasi tutti i film di Hitchcock, inoltre può permettersi
di indicare e mostrare i fatti molto più direttamente del maestro inglese,
in linea con la tradizione francese: in un film americano o inglese del
tempo non si sarebbe potuto parlare direttamente, come si fa qui, di aborti,
di droga e sessualità minorile. Del resto questa maggiore chiarezza rende il
film più difficile da sopportare: per quanti coscienti della tecnica
magistrale di Clouzot non possiamo rifugiarci, come con Hitchcock,
nell'ammirazione della tecnica e dell'inganno nei confronti del pubblico:
tutto è maledettamente serio, non si gioca. Nell'Agente Segreto la morte del
bambino è uno schock per modo di dire: è soprattutto un pezzo di bravura.
Nel Corvo il tentativo di suicidio della bambina fallisce ma è angosciante
oltre ogni dire.
Il meccanismo del plot gira attorno alle lettere, perciò a un certo punto è
naturale che compaia l'ufficio postale con i suoi postini e sono proprio le
loro uniforme a fornire un raggio di sole metafisico, un'idea che il mondo
possa essere diverso o almeno possa essere legittiamamente visto da un altro
lato.
Sette anni dopo il mondo è uguale ma completamente diverso: l'uniforme da
postino di Jacques Tati attraversa in lungo e in largo un paese francese
durante un giorno di festa. C'è il sole ed è estate a tutti gli effetti.
Pochi anni prima c'erano i tedeschi e le lettere anonime: ora tutto è
rientrato nella normalità, una normalità mediocre, ipocrita e solare. Pure
Clouzot è tornato a fare film (benchè l'esperienza non l'abbia certo reso
più ottimista sulle virtù umane).
Con tutta l'ammirazione che provo per film come il Corvo mi sembra che
offrano un solo lato dell'esperienza umana, un lato purtroppo ben vero.
Oltretutto non c'è nessuna fascinazione per il Male Assoluto
neo-hollywoodiana: il Corvo non glamourizza un bel niente. Ma, allo stesso
tempo, a parte il gesto della vecchia madre, nulla lascia pensare che, in
quella stessa Francia in crisi di nervi, fosse in atto una resistenza agli
invasori e che molti vi morissero. la vasta zona grigia non escludeva
margini bianchi e neri.
Quanto è attuale il Corvo? Stilisticamente appartiene a un mondo che ci è
estraneo: il bianco e nero, che fa sembrare tutto più vero e significativo;
le inquadrature curate, con gli attori perfettamente collocati nello spazio;
il ritmo deliberato ma non frenetico, sia nello sviluppo della storia che
nel montaggio; gli attori che recitano, visibilmente e deliberatamente,
senza nulla della falsità strisciante post-Actor's Studio. Non so se quanti
hanno apprezzato il Corvo del 1994 sarebbero in grado di tollerare quello
del 1943.
L'attualità del film sta proprio nel meccanismo del plot: oggi l'anonimato,
grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, sta vivendo una nuova, grande
stagione. Il simpatico e saggio professor Vorzet vuole purificare la città
ma è spinto solo dalla frustrazione sessuale e può affabilmente teorizzare
su quanto l'anonimato possa stravolgere il carattere delle persone, un
fenomeno che oggi possiamo osservare ogni volta che ci colleghiamo a
Internet.
Moritz Benedikt
'Vivien Merchant plays a rather misterious mute. My guess is that after she
had read the script she simply refused to speak her lines' - Pauline Kael on
'Alfred the Great'
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Nel 1943 Henri-Georges Clouzot dirige il film 'Le Corbeau' (Il Corvo),
ispirandosi ad un fatto vero accaduto in una piccola città francese negli
anni '20. Ma siamo durante l'occupazione tedesca della Francia, il film è
prodotto dalla Continental, casa di produzione legata alla Germania e può
essere letto come una descrizione del degrado morale francese (la storia
secondo cui Goebbels apprezzò il film e lo distribuì in Germania proprio per
mostrare il carattere francese pare sia falsa: le autorità tedesche in
Francia lo ritirarono dopo tre settimane di programmazione) e perciò, dopo
la liberazione, Clouzot ed i protagonisti del film vennero accusati di
collaborazionismo e non poterono lavorare per alcuni anni, malgrado
l'intervento in loro favore degli intellettuali francesi, Sartre e Camus in
testa.
Il motivo della condanna concorde di destra e sinistra può essere stato un
altro: la trama del film si basa sull'effetto di una serie di lettere
anonime sulla vita di una città di provincia. All'epoca i regimi autoritari,
compreso ovviamente quello nazista, facevano largo uso delle denunce anonime
ma, apparentemente, ne' in Germania, ne' in Italia, ne' in Urss, ne' altrove
capitò nulla di simile all'esplosione di denunce della Francia di Vichy: nei
4 anni dell'Occupazione le autorità ricevettero 4 milioni di lettere. La
sconfitta aveva scatenato una resa dei conti di tutti contro tutti, con la
Gestapo impiegata per regolare i conti della Terza Repubblica. Le scrivanie
degli occupanti erano invase da un fiume di denunce. Il film di Clouzot si
riferiva ad una realtà ufficialmente negata ma nota a tutti. Il film non
contiene ovviamente riferimenti d'attualità diretti e si svolge in una
Francia 'normale', pre-1940, ma l'ingombrante presenza clericale (la scena
del funerale, la predica in chiesa) sembra un riferimento diretto al regime
di Vichy.
Il Corvo è uno di quei film che ci schiacciano e deprimono: come con i
romanzi di Simenon, non ci lasciano dubbi che l'umanità sia proprio così,
brutta e condannata. Se solo ci fosse una nota sbagliata, un effetto
malriuscito, un attore fuori parte: no, non ci sono. Siamo costretti ad
accettare che le cose stanno proprio così.
La storia: in una piccola città cominciano a circolare lettere anonime,
firmate da 'Il Corvo', che denunciano le malefatte di tutti. In particolare
però del dottor Germaine, il discretamente bacato 'eroe positivo' del film,
accusato di praticare aborti e di essere l'amante di Laura, la moglie del
suo collega, l'anziano professor Vorzet. Germaine ha anche una storia con
Denise, la moglie insoddisfatta del suo padrone di casa. I sospetti si
concentrano su Marie, infermiera e sorella di Laura, che a malapena sfugge
al linciaggio. Un giovane malato, cui Marie negava la morfina per passarla a
Vorzet, si uccide dopo aver ricevuto una lettera; anche una bambina tenta il
suicidio dopo che sua madre fugge. Alla fine il colpevole si rivelerà essere
Vorzet, che per tutto il film era stato la voce della ragione: riuscirà ad
accusare la moglie e a mandarla in manicomio prima di essere ucciso dalla
madre del giovane suicida che, unica, ha identificato in lui il Corvo
(benchè anche Germaine alla fine se ne fosse accorto). Germaine e Denise
sopravvivono, lei incinta di lui - quanto di più vicino a un lieto fine si
potesse sperare.
Cosa vediamo? Vediamo un mondo di uomini e donne di mezza età troppo
vestiti: c'è il sole, sembra essere estate, ma tutti sono vestiti da
autunno. Non ci sono giovani; la piccola borghesia sembra l'unica classe
sociale in circolazione, con solo qualche figura di autorità screditata non
appena apre bocca. Vi sono solo due primi piani in tutto il film: è il campo
lungo a predominare, ancor più che il piano americano, una sensazione cui in
realtà non siamo abituati. Il bianco e nero si risolve in una vasta gamma di
grigi. Gran parte del film si svolge all'aperto ma la sensazione è di
chiuso. Il Corvo è un tipico film chiuso, in cui nessuno può sfuggire al suo
destino una volta messo in moto il meccanismo: da questo punto di vista
potremmo classificarlo nel genere noir, se non fosse che non vi è alcuna
traccia di glamour nella storia come nei personaggi. La donna fatale,
Denise, è zoppa e di una bellezza troppo piena, troppo matura. Si sente la
mancanza di un colpo di pistola liberatorio: le uniche due morti avvengono
per mezzo dello stesso rasoio.
Germaine, l'eroe, non pratica aborti: anni prima un ginecologo famoso aveva
insistito a voler far nascere suo figlio ed aveva ucciso sia sua moglie che
il bambino: da allora Germaine, nei casi dubbi sceglie sempre la vita della
madre. In compenso sì, rende cornuti sia il professore che il padrone di
casa ed è un po' poco dire che il primo è vecchio ed il secondo poco
attraente. Vorzet gli dice giustamente che, se potesse, non rinuncerebbe
nemmeno alla piccola e già perversa Rolande che arriva ad un passo
dall'offrirglisi.
Un dialogo fondamentale, a un certo punto, sembra volerci dare il messaggio
del film. Vorzet e Germaine parlano fra loro di notte, nell'aula della
scuola dove Vorzet ha diretto un test calligrafico che ha portato i sospetti
di Germaine su Denise. Vorzet fa ondeggiare una lampada fra loro:
l'alternanza di buio e luce è la legge fondamentale, nessuno può dirsi buono
o cattivo in tutto. Germaine lo nega, il bene può essere distinto dal male e
cerca di fermare la lampada ma si brucia: Vorzet considera la cosa una
conferma della sua tesi. A quel punto del film Germaine si è dimostrtato un
personaggio moralmente ambiguo mentre Vorzet si è fino ad allora dimostrato
la voce del buon senso e del realismo.
Ma alla fine del film la morale è rappresentata dall'assassinio di Vorzet da
parte della madre del giovane morto: una vendetta tutt'altro che ambigua,
quella vendetta che Germaine, malgrado le sue parole, non era stato in grado
di compiere, soggiogato dalla personalità del vecchio e dal senso di colpa
per averlo cornificato. Da questo punto di vista la morale del film non è
rinunciataria e spiega anche lo scarso entusiasmo delle autorità francesi e
tedeschi (e mette in cattiva luce la successiva condanna di Clouzot).
Clouzot è stato spesso paragonato a Hitchcock, per questo come per altri
film ed il paragone ci sta. A Clouzot mancano quasi del tutto i tocchi
leggeri presenti in quasi tutti i film di Hitchcock, inoltre può permettersi
di indicare e mostrare i fatti molto più direttamente del maestro inglese,
in linea con la tradizione francese: in un film americano o inglese del
tempo non si sarebbe potuto parlare direttamente, come si fa qui, di aborti,
di droga e sessualità minorile. Del resto questa maggiore chiarezza rende il
film più difficile da sopportare: per quanti coscienti della tecnica
magistrale di Clouzot non possiamo rifugiarci, come con Hitchcock,
nell'ammirazione della tecnica e dell'inganno nei confronti del pubblico:
tutto è maledettamente serio, non si gioca. Nell'Agente Segreto la morte del
bambino è uno schock per modo di dire: è soprattutto un pezzo di bravura.
Nel Corvo il tentativo di suicidio della bambina fallisce ma è angosciante
oltre ogni dire.
Il meccanismo del plot gira attorno alle lettere, perciò a un certo punto è
naturale che compaia l'ufficio postale con i suoi postini e sono proprio le
loro uniforme a fornire un raggio di sole metafisico, un'idea che il mondo
possa essere diverso o almeno possa essere legittiamamente visto da un altro
lato.
Sette anni dopo il mondo è uguale ma completamente diverso: l'uniforme da
postino di Jacques Tati attraversa in lungo e in largo un paese francese
durante un giorno di festa. C'è il sole ed è estate a tutti gli effetti.
Pochi anni prima c'erano i tedeschi e le lettere anonime: ora tutto è
rientrato nella normalità, una normalità mediocre, ipocrita e solare. Pure
Clouzot è tornato a fare film (benchè l'esperienza non l'abbia certo reso
più ottimista sulle virtù umane).
Con tutta l'ammirazione che provo per film come il Corvo mi sembra che
offrano un solo lato dell'esperienza umana, un lato purtroppo ben vero.
Oltretutto non c'è nessuna fascinazione per il Male Assoluto
neo-hollywoodiana: il Corvo non glamourizza un bel niente. Ma, allo stesso
tempo, a parte il gesto della vecchia madre, nulla lascia pensare che, in
quella stessa Francia in crisi di nervi, fosse in atto una resistenza agli
invasori e che molti vi morissero. la vasta zona grigia non escludeva
margini bianchi e neri.
Quanto è attuale il Corvo? Stilisticamente appartiene a un mondo che ci è
estraneo: il bianco e nero, che fa sembrare tutto più vero e significativo;
le inquadrature curate, con gli attori perfettamente collocati nello spazio;
il ritmo deliberato ma non frenetico, sia nello sviluppo della storia che
nel montaggio; gli attori che recitano, visibilmente e deliberatamente,
senza nulla della falsità strisciante post-Actor's Studio. Non so se quanti
hanno apprezzato il Corvo del 1994 sarebbero in grado di tollerare quello
del 1943.
L'attualità del film sta proprio nel meccanismo del plot: oggi l'anonimato,
grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, sta vivendo una nuova, grande
stagione. Il simpatico e saggio professor Vorzet vuole purificare la città
ma è spinto solo dalla frustrazione sessuale e può affabilmente teorizzare
su quanto l'anonimato possa stravolgere il carattere delle persone, un
fenomeno che oggi possiamo osservare ogni volta che ci colleghiamo a
Internet.
Moritz Benedikt
'Vivien Merchant plays a rather misterious mute. My guess is that after she
had read the script she simply refused to speak her lines' - Pauline Kael on
'Alfred the Great'
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/