adamski
2004-10-26 20:33:25 UTC
Di questo film, pessimo, vorrei dimenticarmi, ma visto che il battage
pubblicitario è notevole e continua a farmelo tornare in mente, ne posto la
recensione.
Francia, 1949. Un musicista fallito viene assunto come sorvegliante in un
istituto di rieducazione per minori ‘difficili’ diretto con metodi
repressivi e violenti dall’ignavo signor Rachin. Tra l’ostracismo del
superiore e l’iniziale diffidenza dei colleghi tenterà, attraverso la
musica, di sottrarli al futuro di marginalità e disadattamento che grava su
di loro.
La stretta unità di luogo che caratterizza il primo lungometraggio di
Christophe Barretier, ambientato quasi interamente all’interno delle mura
del collegio, riflette e enfatizza una visione semplice e ombelicale delle
problematiche dell’infanzia. Un film modulato su corde intimiste che
esclude decisamente ogni contatto tra l’universo diegetico e il ‘fuori
campo’ (inteso in senso lato).
In questo senso i personaggi di Corbin e di Violette Morhange, gli unici a
gettare un ponte con l’esterno, a permettere uno sguardo al di là del muro
del Fond de l’etang (il nome dell’istituto) rimangono poco più che delle
digressioni appena interessanti.
Corbin accenna a violenze sessuali subite. Corbin accenna al riformatorio.
Corbin accenna al suo futuro. Violette accenna al suo essere una ragazza
madre. Violette accenna al suo rapporto con il potere, la ricchezza.
Accenni, nient’altro.
Gli allievi di Clément sono tutti puri attori, senza storia, senza spirito,
senza futuro.
Materia amorfa per una sceneggiatura incredibilmente piatta, anche per un
film come questo, dall’orizzonte coscientemente limitato.
“Azione e reazione” è il motto del direttore Rachin; è anche una norma
elementare della buona drammaturgia che Barretier e Lopes-Courval ignorano
bellamente. Incredibile come gli spunti più interessanti vengano
sistematicamente abbandonati, le attese dello spettatore costantemente
frustrate. Mi riferisco, in particolare, all’incidente tra il giovane Le
Querrec e Pére Maxence, ma non solo.
Un montaggio sciatto, al limite della trascuratezza, uno scarso senso di
organizzazione del set (che banalizza le belle scenografie), una regia poco
meno che ordinaria, annullano anche quel poco di forza drammatica che
potrebbe scaturire da alcune situazioni (le punizioni corporali, Corbin in
cella d’isolamento, l’infatuazione di Clément per la bella madre di
Morhange (brava Marie Bunuel).
Buona la prova di tutto il cast.
Del film si salvano alcuni momenti comici, alcuni addirittura esilaranti, e
le scene in cui è il coro a farla da padrone sulla scena. Ce ne sono in
quantità: ben filmate, attraenti, commoventi, animate da puro dinamismo
(sia su un piano puramente emotivo sia su quello filmico).
In esse sole si rintracciano tracce di relazioni tra i personaggi che
vadano al di là dei dialoghi, poco incisivi e didascalici, inerti o
insopportabilmente retorici.
In esse è possibile ritrovare quelle spinte, quegli attimi carichi di
potenzialità, quella “azione-reazione”, quel senso di necessità e di
movimento, di tensione, che manca totalmente alle immagini e al cinema di
Cristophe Barretier.
--
adamski
"Cybele... Si belle... C'si béll..."
UFV:L'Arcadia della mia giovinezza(HV)/La mala educacion/T3: Le macchine
ribelli(HV)/Collateral/Comme une image/Les choristes/Hero/Indagine su un
cittadino al di sopra di ogni sospetto(HV)/The Bourne Supremacy
pubblicitario è notevole e continua a farmelo tornare in mente, ne posto la
recensione.
Francia, 1949. Un musicista fallito viene assunto come sorvegliante in un
istituto di rieducazione per minori ‘difficili’ diretto con metodi
repressivi e violenti dall’ignavo signor Rachin. Tra l’ostracismo del
superiore e l’iniziale diffidenza dei colleghi tenterà, attraverso la
musica, di sottrarli al futuro di marginalità e disadattamento che grava su
di loro.
La stretta unità di luogo che caratterizza il primo lungometraggio di
Christophe Barretier, ambientato quasi interamente all’interno delle mura
del collegio, riflette e enfatizza una visione semplice e ombelicale delle
problematiche dell’infanzia. Un film modulato su corde intimiste che
esclude decisamente ogni contatto tra l’universo diegetico e il ‘fuori
campo’ (inteso in senso lato).
In questo senso i personaggi di Corbin e di Violette Morhange, gli unici a
gettare un ponte con l’esterno, a permettere uno sguardo al di là del muro
del Fond de l’etang (il nome dell’istituto) rimangono poco più che delle
digressioni appena interessanti.
Corbin accenna a violenze sessuali subite. Corbin accenna al riformatorio.
Corbin accenna al suo futuro. Violette accenna al suo essere una ragazza
madre. Violette accenna al suo rapporto con il potere, la ricchezza.
Accenni, nient’altro.
Gli allievi di Clément sono tutti puri attori, senza storia, senza spirito,
senza futuro.
Materia amorfa per una sceneggiatura incredibilmente piatta, anche per un
film come questo, dall’orizzonte coscientemente limitato.
“Azione e reazione” è il motto del direttore Rachin; è anche una norma
elementare della buona drammaturgia che Barretier e Lopes-Courval ignorano
bellamente. Incredibile come gli spunti più interessanti vengano
sistematicamente abbandonati, le attese dello spettatore costantemente
frustrate. Mi riferisco, in particolare, all’incidente tra il giovane Le
Querrec e Pére Maxence, ma non solo.
Un montaggio sciatto, al limite della trascuratezza, uno scarso senso di
organizzazione del set (che banalizza le belle scenografie), una regia poco
meno che ordinaria, annullano anche quel poco di forza drammatica che
potrebbe scaturire da alcune situazioni (le punizioni corporali, Corbin in
cella d’isolamento, l’infatuazione di Clément per la bella madre di
Morhange (brava Marie Bunuel).
Buona la prova di tutto il cast.
Del film si salvano alcuni momenti comici, alcuni addirittura esilaranti, e
le scene in cui è il coro a farla da padrone sulla scena. Ce ne sono in
quantità: ben filmate, attraenti, commoventi, animate da puro dinamismo
(sia su un piano puramente emotivo sia su quello filmico).
In esse sole si rintracciano tracce di relazioni tra i personaggi che
vadano al di là dei dialoghi, poco incisivi e didascalici, inerti o
insopportabilmente retorici.
In esse è possibile ritrovare quelle spinte, quegli attimi carichi di
potenzialità, quella “azione-reazione”, quel senso di necessità e di
movimento, di tensione, che manca totalmente alle immagini e al cinema di
Cristophe Barretier.
--
adamski
"Cybele... Si belle... C'si béll..."
UFV:L'Arcadia della mia giovinezza(HV)/La mala educacion/T3: Le macchine
ribelli(HV)/Collateral/Comme une image/Les choristes/Hero/Indagine su un
cittadino al di sopra di ogni sospetto(HV)/The Bourne Supremacy